I Film
  
CANNES 2018: Cold War
di Pawel Pawlikowski, con Joanna Kulig, Agata Kulesza, Boris Szyc, Tomas Kot
POLONIA   2018
  Guardando la foto promozionale  del Cremino Algida è pressoché  impossibile non restare estasiati dalla perfezione geometrica del morso. Tutti  quelli che sono passati dalla teoria alla pratica, cioè dal morso ideale a  quello reale, sanno tuttavia che si tratta di un'utopia: non appena scalfita la  sfoglia di cioccolato, questa finisce per spezzarsi in modo del tutto  irregolare, creando pure delle “complicanze degustative”. Le due parti – la  panna bianca dentro, e il cioccolato nero di fuori – proprio non ce la fanno a  stare sempre insieme, amorevolmente incollati come succede nel cartellone pubblicitario:  il fuori è troppo duro (e fragile), il dentro troppo cremoso (e modellabile).
  
  Così succede in “Cold War”: i due protagonisti, per quanto  perfettamente assortiti – lui musicista, lei cantante – e innamorati (a seguito  di un classicissimo colpo di fulmine), non riusciranno a restare uniti, vivendo  con serenità la loro storia d'amore: lo scontro tra illusione e realtà  risulterà infatti fatale, con sullo sfondo un paese, la Polonia, che cerca  faticosamente di risollevarsi dalle ceneri della seconda guerra mondiale ricostruendo  un'identità nazionale, e questo anche grazie a un movimento di riscoperta di  balli popolari chiamato "Mazowse". È in quel contesto di canto e di  gioia che scoppia la passione, morbida e innocente come la panna, ma le  vicissitudini storiche e politiche – dure e amare come il cioccolato  all’esterno, quasi fosse una rappresentazione del muro di Berlino – segneranno  inesorabilmente il loro destino, portandoli a perdersi e ritrovarsi e riperdersi  più volte, dal 1949 fino alla metà degli anni '60.    
  
Dopo il premio Oscar 2015  per il miglior film straniero, “Ida”, Pawel Pawliowski si conferma regista  attento all'economia delle inquadrature con un bianco e nero talmente raffinato  e patinato da risultare più che altro un esercizio di stile. Proprio come la  foto del morso al Cremino, così fintamente ritagliato.    
  Eleonora  Tosti